lunedì 24 dicembre 2012

Lettera di Natale.

Caro Babbo Natale,
stasera sono ventitre anni esatti che so che non esisti. È successo la vigilia del 1989. Volevo assolutamente sapere cosa mi avresti portato, così mio fratello, ragazzo pragmatico e integerrimo, ha aperto l'armadio dei nostri genitori e ha detto: guarda. E non era nemmeno la cosa che volevo, perché avevo richiesto un cagnolino e mi è arrivato un mangiacassette Bontempi che faceva anche i versi degli animali, tra cui il cane. Capito che beffa? La figlia di nessuno. Comunque sempre meglio dell'anno prima. Lì, mi aveva fatto credere che al cento per cento sarebbe arrivato il mio cagnolino. Come lo vorresti? E io dicevo uno qualunque, uno qualunque, anche uno piccolino e me lo faceva scegliere dall'atlante dei cani. Invece arrivò il castello dei Lego, adatto a bambini dagli otto anni in su. Ho passato tutto il Natale a masticare pezzi di torre, nella speranza che qualcuno si accorgesse che avrei potuto soffocare. Ma anche lì, nulla. Da quando ho scoperto che non esisti sto meglio. A un certo punto avevo iniziato a pensare che i cani ti stessero antipatici e la cosa mi faceva venire da piangere. Di fatto piangevo, accoccolata sotto l'albero, perché sono stata una bambina molto triste. Da quando ho scoperto che non esisti, ho iniziato a chiedere soldi e così, a sette anni, già impugnavo la mia busta piena di lire, congetturando cose, facendo calcoli su ciò che avrei comprato. Amavo contare i miei denari la mattina di Natale e pensavo a quei poveretti dei miei compagni di classe, che ancora passavano il loro tempo a scrivere letterine e chiedere Cantatu. E quando a scuola ci facevano scrivere la letterina per Babbo Natale io ero tranquilla, perché conoscevo la verità, e allora mi buttavo su massimi sistemi tipo la pace in Jugoslavia o l'evergreen dei bambini poveri con le mosche sulla faccia. Tanto io non avevo nulla da guadagnare e un po' di cibo per loro o una protesi a una gamba non mi avrebbe privato della mia busta colma di denaro. Insomma, non esisti. Ma nemmeno Saffo aveva i baffi esiste, cioè, c'è ma non c'è, e allora penso che se due entità che non esistono si scrivano, qualcosa debba accadere per forza. Allora accogli questa lettera invisibile. Caro Babbo Natale, io quest'anno vorrei un po' di culo. Vorrei che le cose iniziassero a funzionarmi tutte, come davvero succede a certe persone. Perché le persone fortunate esistono! È inutile che continuiamo con sta storia che la gente sta tutta male, non è vero. Il prossimo anno voglio che giri per me. Quest'anno ho perso la mamma, il lavoro e diversi treni, di quelli che però ripassano dopo mezz'ora. Due ombrelli, le chiavi e un racconto che avevo scritto tempo fa e che mi pareva molto bello. Non c'è più, da nessuna parte. Si chiama Zia Claudia, per favore, fammelo ritrovare. No, non è nemmeno nell'hard disk, no, nemmeno tra i documenti. È sparito, ma tu che non esisti so che puoi. Poi vorrei farmi un viaggio, un viaggio bello però, non quei surrogati di ponte o cose così. Voglio un viaggio avventuroso e pieno di suspance, nel caso sono disposta anche a prendermi la malaria, purché la si curi in tempo. E poi vorrei stare tranquilla: amare chi mi ama, riuscire a respirare bene anche senza le goccine, fare cose normali ed essere felice di farle. Vorrei non pensare alla morte ogni giorno, mia o di altri. E vorrei non avere la tonsillite. Vorrei che ogni giorno fosse magari non bellissimo, però soddisfacente, cioè non tanto soddisfacente, leggero. Vorrei sentirmi leggera senza la scimmia della solitudine, dell'ansia, dei libri che dovrei leggere, delle cose che vorrei scrivere. Vorrei che qualche problema si trasformasse in soluzione, e qualche soluzione in problema, perché tanto comunque in quel caso la soluzione la conoscerei e tutto si risolverebbe come niente fosse. Geniale, no? E poi vorrei capire se la mia vita ha un senso e se sì quale: so che non è un problema da niente e che in tanti ci sono morti, ma insomma, almeno un indizio, un segno, non so vedi tu. E poi vorrei che tutte le persone iniziassero ad avere la mia stessa ironia, soprattutto per quanto riguarda le battute su chi soffre. E vorrei non aver paura di niente, e vorrei imparare a cucinare qualcosa di decente, e vorrei imparare anche eventualmente a stirare. O comunque vorrei trovare una filippina a buon prezzo, onesta e magari di bell'aspetto. Che comunque han bisogno di lavorare. E poi vorrei che al cinema dessero solo film bellissimi, guardarli tutti e sentirmi sempre come dopo Tutto su mia madre o le storie di Kaurismaki che per me sono imprescindibili. E poi vorrei provare delle emozioni: tipo commuovermi o piangere per la felicità, che è una cosa che secondo me funziona solo alle olimpiadi. E allora vorrei partecipare alle olimpiadi, ma questa temo sia l'unica cosa veramente impossibile. Basta, ho finito. Ricapitolando: toglimi tutto questo peso che ho addosso e fallo in fretta, per favore. E tu invece cosa vuoi? Dai, scherzo, inculati. Ci sentiamo l'anno prossimo.
S.

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