sabato 25 febbraio 2012

Esseri omosessuali in Italia.

Ho scritto il mio ultimo post esattamente tre settimane fa. Avrei voluto parlare di molte cose, in questi giorni che sono trascorsi. Ma sono trascorsi, appunto, e i pensieri sono cambiati e allora sono cambiata anche io e non ho più nulla da raccontare riguardo quelle cose. 


Soffro molto i cambi di stagione.


Però ieri sera mi hanno linkato una cosa, che in un certo senso si lega a quello di cui avrei voluto parlare. Che è poi l'argomento più vecchio e ripetuto di sempre, ovvero come ci vedono i media, anzi, come ci mostrano. E quante teste di cazzo ci sono nella nostra felice comunità di invertiti. 


Penso che Le Iene sia uno dei programmi televisivi peggiori di sempre. Servizi volgari, pressapochisti, populisti, paralternativi, ma soprattutto dannosi. Sul palco una troia e una manciata di giullari di corte, becchini dolceegabbana, che mi hanno sempre regalato un vuoto per cui voglio ringraziarli. Le Iene è uno dei programmi televisivi più seguiti in assoluto, da anni. Io sono molto arrabbiata con Le Iene. Certo, potrei occuparmi d'altro, ma vorrei ribadire che sono molto arrabbiata con loro e con quello che somministrano a chi mediamente accende la televisione. Circonvenzione d'incapaci pieni di alibi e nient'altro.


Il servizio che ho guardato si apriva con un'intervista al buon Giovanardi, un essere per cui non riesco a spendere nemmeno una parola. Un cappelletto in brodo rancido, replica della replica dei replicanti che lo precedono da sempre e teaser di quello che succederà. Giovanardi non mi infastidisce, e la sua pacatezza mi fa venire voglia di stringergli la mano e chiedergli due etti di crudo. Per dire, mi danneggiano di più i controllori dell'atm. Giovanardi spiega ciò che accomuna una pisciata a un bacio lesbico e la messa è finita. La Iena fa due domande uguali al servizio precedente, poi si chiede: MA COME LA PENSANO GLI OMOSESSUALI. Così, con questa bocca spalancate e la mandibola agonista. Be, questa tizia del servizio è andata a fare due chiacchiere con qualche lesbica oscurata, fuori da un locale oscurato, come se non bastasse, al buio. 


Domande e risposte che non commento nemmeno. Mediamente italiane, mediamente ignoranti, mediamente lesbiche. Non è che siamo tutte speciali. Domande che non chiedono, risposte che non spiegano, la giostrina dei cavalli, chi prende il codino e tutti a casa.


Ma la parte esilarante del servizio: le Iene trovano questo annuncio, sacristodove, di una tizia lesbica che cerca un tizio gay per copertura. Ovvero, entrambi fingeranno di essere etero e in coppia vicendevolmente e via dicendo. Le Iene risultano chiaramente turbate da sto fatto, che in me non sortisce il minimo stupore. Ti chiedessi una notte di sesso col tuo coniglio nano capirei, ma si tratta di recitare una parte del cazzo vecchia quanto il mondo. Non c'è niente di particolarmente triste, evita molti fastidi e poi magari ci si innamora sul serio e si fa una bella pisciata eterosessuale con prole al parco delle Cornelle. Con Giovanardi che vende i palloncini.


Insomma, le Iene fanno rispondere all'annuncio un finto gay. Notare, uno che si finge gay. No dico, non lo trovavano un busone in tutta mediaset. Questi si incontrano e lui comincia a incalzare lei con una serie di domande sulla propria sessualità, sui ruoli, su come e quando lo fa, su cosa le piace. Particolari che un gay sopporterebbe solo in cambio di un paio di car shoe.  E questa risponde e parla e racconta e cosa fa e come lo fa e la mamma e la zia e la mamma dell'amica e tutta una serie di persone che non ho mai incontrato e parla esclusivamente di sesso e mi viene una tristezza che corro su amazon a mettere nel carrello libri che poi non comprerò. Mi sale quella cosa lì che mi viene qualche volta dopo la prima sigaretta, o quando guardo dal balcone, o quando sto aspettando il treno. Quell'ansietta che bastano due gocce, ma è fastidiosa, è inevitabile e dura per tutto il giorno e ti lascia addosso quella sensazione di sudore freddo dietro la nuca e una voglia di stare da qualche parte senza capire dove. 


Il servizio lo trovate qui, e si chiama Essere omosessuali in Italia. Sono un'omosessuale in Italia e in un quarto d'ora non ho trovato nemmeno un avverbio che parlasse di me. 

sabato 4 febbraio 2012

Diario e monnezza.

Ogni tanto mi viene sta cosa per cui devo riordinare i miei libri. Mi arrabbio molto, perché ce ne sono un sacco che non trovo più e niente mi fa incazzare come non trovare le cose. Però io sono una disordinata patologica, e sono convinta che la rabbia mi venga più dal fatto di voler mettere ordine che da quell'altra questione di non trovare i libri che cerco. Dopo dieci minuti mi passa tutto, penso che in fondo un giorno magari nemmeno troppo lontano morirò, e quei libri non varranno più niente, come tutto il resto. E mi rassicuro.


Prima, mentre cercavo un Vonnegut, ho visto un piccolo quaderno con la copertina rigida, verde acqua. Un monocromo, non so se esistono ancora. L'ho aperto, e ho scoperto essere un diario di quando avevo diciassette o diciotto anni. Nonostante l'imbarazzo, non ho saputo resistere e ho scoperto cose di me che non avrei mai immaginato. E ho ricordato il mio primo tradimento. È stato catartico. Non mi sputtanerei, se mi fregasse qualcosa della me di allora. Ma quello che ero non esiste più e quello che sono ora tra poco non avrà più nessun perché e quindi tanto vale farla finita con questo diario. Dopo che avrò finito di scrivere il post finirà nella spazzatura insieme all'altra carta che non mi appartiene. E tra Io donna e Internazionale verrà mandato al macero e addio ricordi, addio quaderno, addio stupidi tentativi di fare ordine.


"Emma è andata. Sono di nuovo libera. Emma è troppo troia, non mi va di essere presa in giro. Orgoglio e dignità sempre. Sara". Mi firmo pure. E il diario finisce lì, nemmeno a metà. Poco sopra c'è chiaramente una frase di Kurt Cobain. Cazzo, Emma, robe da matti, quasi me l'ero dimenticata, Quanto avevo sofferto. Avevo sofferto così tanto, che a un certo punto avevo decretato fosse moralmente ingiusto stare così male e allora avevo smesso di soffrire. Bei tempi, quelli in cui si aveva ancora un minimo di controllo. Di orgoglio e dignità appunto. Be, insomma. Innanzitutto Emma era brutta. Piaceva, è vero, ma rimaneva oggettivamente un cesso. Culo grosso, pelle mediocre, capelli come ce ne sono tanti, belle scarpe, quello sì. Ricca e con una bella casa pagata dai suoi, quello sì. Ma pur sempre un cesso agonistico. Era una storia infernale e poi aveva un odore che mi lasciava indifferente. Ma ero innamoratissima. Forse proprio del suo farmi schifo, andate a saperlo. Bè, sta di fatto che durante le vacanze di Natale lei, universitaria fuori sede, se ne tornò al suo bel paesello nel sud Italia e tanti saluti. Io ne ero felice, perché mi piacciono tanto le donne, ma soprattutto mi piacciono quando si allontanano. Bè, ci si sentiva e scriveva e poi gennaio era arrivato in fretta. Io traducevo le mie versioni di compito e fuori nevicava e lei sarebbe tornata. 


Io allora avevo deciso di farle una sorpresa ed ero andata sotto casa sua. Non è mai arrivata. L'avevo chiamata un bel po', ma il telefono era spento. Sono rimasta ore al gelo. Poi sono tornata a casa. Mia madre mi ha rispedito fuori a comprare del sedano. Sono uscita a comprare del sedano. E l'ho chiamata, ancora, che non si poteva mai sapere. E lei aveva risposto. Mi aveva risposto che all'aeroporto era andata a prenderla quest'altra tizia, che era poi quello con cui stava, ecco. Oltre che con me. E poi, già che c'era mi aveva detto che scopavo di merda. Mi ricorderò per sempre quel momento. Per tutta la vita. Io che guardo l'angolo bruciacchiato di una panchina gelida, con il sedano in mano e una tristezza nel cuore che non pensavo fosse possibile e un freddo che nemmeno se mi fossi buttata nel fuoco sarebbe cambiato qualcosa.


Bè, cazzo, dopo aver riletto queste pagine, mi sono ricordata tutto. E il fatto che io l'abbia dimenticato per tanto tempo non mi fa meno male. Ma soprattutto che io mi sia fatta gabbare da una che sembrava la Laurito. Non lo sopporto, non mi sopporto. E ora butto il diario. Penso che mi legga, e vorrei anche farle un saluto e fare pace.


E poi vorrei dirle che ho sempre preferito la sua coinquilina.