martedì 3 luglio 2012

Diversi.

Tra i tanti modi in cui vengono chiamati gli omosessuali (di recente, ho scoperto per le lesbiche l'aulico epiteto leccamoquette) ce n'è uno che mi ha sempre fatto riflettere. Perché penso che le parole abbiano un valore sacro e nessuna è mai lì per caso, nemmeno quando sembrano dette a vanvera. Le parole sono una delle poche cose belle che esistano, in generale, e io le amo e le conosco fin da bambina, quando passavo ore in cucina a scriverne a caso e tentare di comporre anagrammi senza mai riuscirci. 


Diverso, è sempre stato un soprannome interessante. Innanzitutto perché è estremamente sprezzante. Poi perché in sole sette lettere riesce a condensare tutta l'ignoranza di chi lo pronuncia. E poi perché è vero, in un certo senso. Quando penso a me in quanto essere vivente con due braccia, due gambe, un cervello e tutto il resto, mi sento del tutto uguale agli altri esseri viventi (salvo il cervello, che comunque se la cava oltre la media). Quando penso a me in quanto donna omosessuale, non ritengo che definirmi diversa sia qualcosa di sbagliato. L'importante però è che lo dica io, e non un coglione che passa per la strada.


Diversa da chi? Io parlerei piuttosto del diversa perché. E qui mi spiego, ma ci metterò poco, perché è davvero elementare. Un omosessuale è diverso perché arriva un momento in cui deve spiegarsi, o meglio, giustificarsi. Il coming out non è solo una presa di coscienza, non è  necessariamente qualcosa di giusto verso se stessi, è soprattutto una forma di giustificazione. E di affermazione. Che poi non sono concetti tanto distanti. Quando a diciassette anni l'ho detto a mia madre, io mi stavo giustificando. Non le avrei mai detto: ehi mamma guardami, sono un essere umano. Oppure, mà, hai visto come sono caucasica? Oppure, mamma, penso sia giunto il momento di renderti partecipe del fatto che ho una predisposizione maggiore verso le materie umanistiche e no, non frequenterò mai ingegneria. Ho fatto coming out perché sentivo il bisogno di raccontare a qualcuno (non uno qualsiasi), cosa fossi, tra le altre cose. Ho sentito l'esigenza di affermare qualcosa che mi ha preso un giorno a caso e non mi mollerà più per tutta la vita. Qualcosa che per me è del tutto naturale, ma che in fin dei conti, lo sarà veramente sempre e solo per un omosessuale.


Quando ho fatto coming out la reazione di mia madre è stata più o meno tragica. Molte lacrime, per esempio. Ricordo di averle detto di non raccontarlo a nessuno, e due ore dopo lo sapevano anche mio padre e mio fratello. Per loro non è stato traumatico. Sarà che per un padre la preoccupazione cardine è che la propria figlia non venga messa incinta da un cretino (oppure non venga messa incita e basta. Mai.). Quando ho fatto coming out credevo di liberarmi di un peso e invece mi sono versata in testa una colata di cemento. Così va la vita. Eppure, se ci penso bene, so perché l'ho fatto, nonostante fossi così giovane. Perché ero innamorata, e volevo rendere partecipi tutti di questa cosa. Anche mia madre, anzi, forse proprio lei per prima. Perché nonostante non siamo mai andate troppo d'accordo c'è e ci sarà sempre qualcosa che mi tiene legata a lei, ovvero quel cordone ombelicale che mi hanno levato due minuti dopo essere nata e che però non è mai stato tagliato. Quello schifoso e insanguinato devono averlo buttato da qualche parte, ma in quel momento se ne è creato uno metafisico, invisibile, che non potrà mai recidere nessuno. Nemmeno un paio di forbici immaginarie.


Quando ho fatto coming out, a nessuno è fregato che io fossi innamorata. Erano tutti troppo preoccupati a pensare alla loro reazione, e al mio futuro. E per cosa? Io sono cresciuta lo stesso, e loro sono invecchiati. Sarebbe successo anche se fossi stata etero. Da quel giorno per me tutto è cambiato, forse in peggio, ma qualcosa si è mosso. E quando qualcosa si muove, va sempre bene. Perché significa che ci siamo, e siamo vivi, e possiamo amare, essere amati, smettere di amare e tornare a farlo. Quando ci va.


Questo post è per un'amica, che sono felice sia diversa, proprio come me. E poi è per tutte quelle persone che hanno il coraggio di non nascondere quello che amano. Ed è anche per tutte quelle persone che invece non ce l'hanno.