sabato 31 marzo 2012

Quando voglio.

Quando voglio scrivere un post me lo devo sentire.


Per esempio, adesso non me lo sento.

mercoledì 28 marzo 2012

Aiutiamo una tesista.

Ciao, 
sono Arianna, l'amica di Chiara.
Ti spiego subito la faccenda: per la mia tesi di laurea magistrale svolgo una ricerca sull'attaccamento di coppia e desiderio di genitorialità. Dovrei quindi cercare come soggetti delle coppie sia gay che lesbiche che stiano insieme da almeno 2 anni, che abbiano un'età compresa tra i 25 e i 40 anni e senza figli. Dovrei fargli compilare una serie di questionari, che richiedono una mezzoretta di tempo. Essendo cartacei, la zona che mi è possibile raggiungere per consegnarli è Milano e province vicine, tipo Bergamo, Monza Brianza, Lecco, Como, Varese e Pavia. 
Visto che sto contattando gente a destra e a manca ma non è così facile trovare 30 coppie, chiedo anche a te se hai amici o conoscenti che soddisfano i requisiti e che sarebbero disponibili.
Grazie mille per la disponibilità ad aiutarmi e spero non sia un problema.


Mi ha scritto questa ragazza (amica di chiara eh? Credetemi, una garanzia). Possiamo aiutarla? Io lo farei più che volentieri, ma una storia di due anni non l'ho mai avuta nemmeno per sbaglio.


Se qualcuna/o (asterisco e sticazzi?) volesse contribuire al suo studio, può contattarla a questo indirizzo revery.house@virgilio.it


Daje.

martedì 27 marzo 2012

Due progetti e sticazzi.


Vorrei parlarvi di una cosa, anzi due. La prima si chiama Re(l)azioni a catena ed è un progetto di BADhOLE video. Se non le conoscete, rimediate assolutamente. Questo è il loro sito. Lì ci trovate alcune delle cose che girano e che a me piacciono molto, come mi piacciono tutti quelle persone che fanno cose belle, o quantomeno fanno cose (in queste caso, comunque, belle). Hanno deciso di girare una web serie, ma una cosa fatta bene costa. Per questo chiedono una mano. Per cui allungate le vostre braccine corte: sia mai che cinque euro possano portare un po' di gioia da qualche parte (sicuramente non nelle loro tasche).
Io ovviamente ancora non l'ho fatto, ma provvederò.






Il secondo progetto si chiama Le lesbiche non esistono ed è di Produzioni dal basso. È un documentario e qui trovate come contribuire (oppure no).


Forse ogni tanto posso diventare utile, oltre a scrivere le mie cazzate. Una cosa è certa però: il nostro mondo forse è un po' nascosto, ma produce ininterrottamente, siano video, blog, libri o qualunque altra cosa ci venga in mente.


Ed è sempre bello trovare dei propri simili quando hanno qualcosa da dire.


Buonanotte.



domenica 18 marzo 2012

Tempo.

Mi sono sempre state sul cazzo quelle persone che millantano di non avere tempo. Ho sempre creduto che fosse per dire, come si usano certi avverbi tipo assolutamente o certe espressioni come a monte, o certe parole come idiosincrasia. Ci sono cose oggettivamente brutte, una di queste è raccontare agli altri di non avere tempo. Ovvero, ritagliarsi del tempo per sottolineare di essere molto impegnati.


È quello che farò per tutto questo post.


Saffoavevaibaffi sta andando bene in un modo insperato. Quando ho aperto la pagina sapevo che qualcuno mi avrebbe letto, non immaginavo così tante persone. Ero in un momento di buio profondo, come si evince dalle scelte cromatiche del blog e dall'immagine invisibile di una saffo disegnata a matita. Avevo bisogno di sentire di esserci ancora e allo stesso tempo di incipriarmi l'ego, e allora ho fatto l'unica cosa che so fare, cioè ho scritto.


Non so perché mi leggiate. Io un blog come questo non lo leggerei mai, per dire. In ogni caso, quando si ha la certezza di essere letti, monta una specie di ansia da prestazione. Qualche volta inizio a scrivere e poi lascio perdere e ogni cosa non è mai abbastanza né troppo poco e allora è meglio andare a fissare il muro e buttare il tempo. Lasciarlo scivolare dietro il calorifero, sopra una confezione di ketchup, sul muretto del parco postatomico dove giocano i bambini dopo la scuola.


Mi manca il tempo. Non ne ho più, o meglio, ho sempre lo stesso. Fin da piccola ho dei problemi nella gestione e nella percezione del tempo. Da bambina mi disperavo perché non passava. Chiedevo l'ora continuamente, mi sembrava pazzesco che qualcosa potesse trascorrere così lentamente. Nemmeno la centoventisette di mio nonno andava così piano. Il tempo qualche volta non passava per niente, era fermo, e a me veniva un'angoscia, quel sudorino alla nuca che viene anche durante le prime giornate di primavera, quando si toglie la felpa e si rimane in maglietta dopo mesi. È una sensazione brutta e bellissima allo stesso tempo, come tutto ciò che ci fa percepire di essere vivi.


Le ore libere adesso sono sempre le stesse. E negli stessi momenti non può succedere niente di significativo. Le cose che accadono sono lì per accadere, è come telecomandare una macchinina col filo: di quelle sfigate che c'erano negli anni ottanta per i bambini meno pro. Ai bambini pro i cingolati che andavano a quindici all'ora. La macchinina col filo invece, correva, ma tu dovevi correrle dietro e tua madre dietro a sua volta, se capitava, qualche volta no. Tutto un correre da nessuna parte, proprio come adesso, ma un correre.


Corri al lavoro, e a teatro, corri al corso di inglese, corri per uscire, corri a trovare le persone, che ti vada o meno, corri a una cena, corri a vedere quello che pensi ti sembrerà diverso e va a ricomporre sempre lo stesso mosaico. Corri in centro, corri all'estero, corri a cambiare un paio di pantaloni che hai comprato troppo di fretta. Corri a sentire i Kasabian. Corri. E non arrivi mai da nessuna parte, arrivi dove sapevi che saresti arrivato. E non vai avanti. Stai lì a correre senza nemmeno dimagrire.


Invece qualche volta è bello prendere il tempo e sprecarlo. Foss'anche per stare a fissare tre ore la fibbia di una cintura. Il tempo va sprecato. Va modellato a piacere e senza criterio, è importante che il tempo perda parte della sua importanza. È bello leggere trenta volte la stessa pagina di un libro, come per impararla a memoria, anche se è un libro di nessuna importanza. È bello esserci, ma non sapere dove, e come. È bello non avere preoccupazioni. È bello pensare che non saremo qui per sempre: non so se vi capita mai di pensare al vostro funerale, ma è manna per l'ego. È bello ghignare in faccia a chi dice di non avere tempo. Mandaci tue notizie, fai tante foto: non ho tempoooo. E via.


Sono contenta di aver appena perso un quarto d'ora e di avervi fatto perdere cinque minuti.


Avrei voluto parlare di un sacco di cose belle. Ma in fondo c'è tempo.

sabato 10 marzo 2012

Tre quarti d'ora alla volta.

Giovedì parlavo con la mia psicologa di un po' di argomenti che mi costano circa un euro e cinquanta al minuto. Quanto una tariffa tim sbagliata, per dire. Un quarto del mio stipendio finisce lì, in quella stanza iperborghese e retrò, col divanetto su cui non mi voglio sdraiare, la sua poltroncina e la mia. Ci guardiamo in faccia e ci separa un tavolino di legno sul quale, da più di un anno vedo, a partire da sinistra: un pacchettino di fazzoletti di carta (spesso cambia la marca), una biro blu col tappino, i suoi occhiali da presbite.


I fazzolettini ogni tanto li prendo se piango. Non capita spesso, ma se inizio ne finisco un pacchetto. Perché io sono così, se piango allora voglio farlo con tutti i crismi, fino a che la testa non mi esplode. Le prime volte che uscivo di lì avevo una gran voglia di bere cioccolata. Anche a luglio. Doveva essere una specie di compensazione bo, lo zuccherino dopo la vaccinazione, cose così. Però non la prendevo, non mi pareva qualcosa che potesse farmi bene. Ora, quando esco da lì, ho una gran fame solo perché sono le nove di sera, sono in giro dalle otto del mattino e tutto quello che desidero è trangugiare qualcosa a caso (magari un filettino cottura media) e lasciarmi cadere sul divano, al buio, senza fare niente. Oppure uscire con qualcuno, oppure leggere, ma solo ad alta voce. Scopare, mai.


Giovedì, dopo lo scatto alla risposta, si parlava di relazioni sociali, e reazioni alle relazioni sociali, e percezione delle relazioni sociali. Sembra complesso ma è una cazzata. Dopo aver passato in rassegna : a) il terribile rapporto con la mia famiglia b) l'incapacità di costruire la minima relazione sentimentale con chicchesia c) il blocco dello scrittore, sono arrivata a d) le amicizie e il vuoto che lasciano una volta finite, in modo manifesto oppure no.


Chiaramente i punti a, b e c continuano ad essere una costante delle telefonate face to face, ma il d, mi ha dato le sue soddisfazioni. La mia psicologa è una vecchia signora, penso non poco cattolica. Non saprei come definirla, se non rinsecchita. Fisicamente è piccola, ma si vede che il suo karma è un wrestler. Non nutro adorazione per lei, e nemmeno fastidio, o dipendenza. Pare che debba scattare, ma non scatta. Qualche volta, la pacco. Il mese scorso, a lei, ho preferito un paio di jeans al cinquanta per cento, per dire. Poi torno, con i miei pantaloni nuovi e un bisogno disperato di tirarmi fuori da tutto quello che non mi convince.


Un pomeriggio ho parlato con una che con l'analisi c'era rimasta sotto. Parlava del suo psicterapeuta come certi vegani parlano dei legumi. C'era un'adorazione sfrenata e tutta la sua terminologia verteva attorno al mondo degli amici di Freud. Mi ha fatto bene conoscere questa persona. Per l'ennesima volta ho capito cosa non voglio diventare.


Perché io levo, più che costruisco. Mi plasmo togliendo tutto ciò che non vorrei essere. Come fossi un blocco di marmo buttato lì da chissà dove, anno dopo anno, con uno scalpellino della grandezza di un uovo kinder, ho cominciato a scavare. E modellare. E lisciare. E perfezionare. Capite che non è che possa sbagliare troppo. Un colpo sbagliato e potrei diventare l'utente media di Forum. Una psicopatica del cazzo. Un'appasionata di pesca al salto. 


E così, più o meno verso i venticinque euro, si parlava di amici. Di quelli che c'erano e quelli che non ci sono più. Perché si sono allontanati, o tu da loro. Della tristezza e dell'inevitabilità del tutto. Una di quelle cose che non ti spieghi, ma accadono tutti i giorni a chiunque. Per anni insieme e poi puff, qualcosa inizia a diventare ricordo, e la quotidianità un album di foto e la complicità una parola che ritroverai solo in un romanzo della Mazzantini. Una bomba, una di quelle cose che ti sembra che la terra ti manchi da sotto le scarpe.


Andrebbe accettato così. Senza risentimenti, senza nostalgie. In fondo, una persona che si allontana, può essere anche un miracolo, una gran botta di culo, mica solo tristezza. Per ogni persona che si allontana, forse, qualcuno si avvicina. E poi forse si allontanerà a sua volta, no? Chi può dirlo. Forse.


E così si va avanti per un bel po' di anni, finché non ci si dimentica di tutto e si spegne la luce.


Il che è comunque sempre molto confortante.