domenica 25 novembre 2012

cinque mesi.

Sono tanti mesi che non passo di qui, quasi cinque. Ogni tanto avrei voluto scrivere, ma sentivo di non avere abbastanza ordine per farlo. O forse respiro. Sì, più respiro che ordine. Allora mi ci metto questa mattina, nella mia mise di lesbica media: pantaloni adidas e felpa burton, pur non essendo né sportiva né skater. E piedi nudi, un must di sempre. E penso, ma cosa posso scrivere? Sono stati cinque mesi intensi.

Partirò dai cedri del libano. Davanti a casa mia c'erano questi due cedri del libano, che praticamente sono due grossi alberi che somigliano ai pini e non fanno assolutamente cedri. Io so che si chiamano così, perché mia madre citava sempre i cedri del libano, quando nevicava. Diceva, vieni a vedere i cedri del libano come sono belli, con la neve. Io ero sempre molto presa dalle mie attività per scomodarmi e andare a guardare le piante. E poi il binomio libano neve mi destabilizzava. Soprattutto da bambina. Pensavo che il libano fosse assolato e pieno di spiagge e quindi di palme e non di pini, e che neve poi? Sembrava la solita sparata come quelle che usava per farmi mangiare o per convincermi ad addormentarmi. Cedri del libano, ma scherziamo?

Ad agosto ho perso mia madre. Ero in vacanza in un mare senza cedri. Dentro di me sapevo che sarebbe successo mentre ero lontana, anche se i medici dicevano che ci sarebbe voluto molto più tempo. Ma ci sono un sacco di cose che la medicina non riesce a spiegare: per esempio la certezza che si stia salutando una persona per l'ultima volta. Quando ho chiuso la mia borsa e passato in rassegna l'arsenale di medicine che porto con me ogni volta che mi sposto alimentando l'ansia che mi attanaglia praticamente da quando sono nata, ci siamo salutate. Non so se avete mai avuto a che fare con persone sotto morfina, ma non è facile salutarle. Invece quella mattina è stato diverso. Mi ha guardata e mi ha detto un ciao che non sentivo da tanto tempo. E così ho capito che non ci saremmo viste mai più. Avrei potuto rimanere, ma sono andata. Se non fossi partita non mi avrebbe mai salutato così bene.

Ho pensato molto, in questi mesi, a quale verbo si addica meglio a una persona che muore. E non è morire. Perdere mi sembra quello più appropriato. Per tanti motivi. Se una persona muore, non vuol dire niente. Se ci lascia, nemmeno, perché non è che ci lascia propriamente. Che non ci sia più? Ma per favore, è pieno di gente viva che non c'è mai. Ecco, perdere per me è appropriato. Significa che se la cerco, non la trovo. Se la chiamo non risponde. Insomma, l'ho persa, che devo fare. Lascia anche un certo spiraglio di speranza, a suo modo, anche se generalmente non ho mai ritrovato quello che avevo perso, a parte un mazzo di chiavi una volta, ma mio padre aveva già cambiato tutte le serrature e non sono servite più a niente. Ho tenuto il portachiavi però. 

Insomma, è successo che una sera di qualche giorno fa, torno a casa e i cedri del libano non ci sono più, ok? Io che mi ero negli anni appassionata a questa storia di quanto fossero belli con la neve. Li hanno tagliati per costruire una rotonda. Fondamentalmente li hanno uccisi per togliere tre semafori. A quanto pare è un mondo così, spero che i Maya ci facciano tanto tanto male. Torno a casa e non trovo i due cedri del libano che erano lì da sempre. Mi sono sentita molto sola, e dispiaciuta per mia madre, perché lei si sarebbe molto indignata e forse avrebbe mandato un'utopica mail al municipio. Come quando levarono cinque insignificanti minipini dietro casa, per farci un parcheggio. Ma era una cosa irrisoria. I cedri del libano invece erano maestosi cazzo, tutta un'altra faccenda. Quest'anno nevicherà sul cantiere della nuova rotonda, ma la viabilità sarà migliore eh. 

Mi è dispiaciuto tanto per lei, perché quando si muore non ci si può più lamentare e nemmeno far sentire. Quando si muore non si ha più diritto a niente, nemmeno a farsi trovare. Ma forse è bellissimo e si sta meglio proprio per questo, e ci sono tutti i cedri del libano che desideriamo. Noi conosciamo solo la morte da vivi, dopotutto. 

Hanno tagliato i cedri, ma le radici sono rimaste. Per forza, e chissà per quanti metri, sotto terra. Stanno lì, nodose e incazzate sotto il cemento. Come le mie, di radici, del resto.