domenica 15 aprile 2012

Una e quaranta, libri e confusione.

È da un po' di tempo che vorrei scrivere un post sui libri. Che poi detta così non vuol dire niente, ma va be, se ne dicono tante.

Premetto che leggo quasi esclusivamente sui mezzi pubblici. La mattina prendo apposta un treno che ci mette più del doppio del tempo che ci impiegherebbe un altro treno, che oltretutto parte pure più tardi. Se non leggo almeno un'ora prima di iniziare a lavorare la mia giornata è più difficile. Anche il caffè che bevo appena arrivo in ufficio mi sembra peggiore. In verità è sempre la stessa cialda, quella viola. Sa dio quale differenza ci sia tra i colori. 

Il mio rapporto con la lettura è assolutamente conflittuale. In due parole, mentre leggo, soffro. Non mi sento tranquilla. Ogni volta che apro una pagina a caso mi viene una specie di disagio e penso non arriverò mai alla fine, manco fosse il fottuto k2. E così, un'ansia tra le tante dopo l'altra, non ho più smesso di scalare. 

Mi piacciono tanto quelle persone che leggono libri come si guarda un reality. Mia madre, per esempio, è sempre stata così. Vuole rilassarsi, legge Anna Karenina. Non sa cosa fare, si butta sull'opera omnia della Ginzburg per la settantesima volta. Quando da piccola in spiaggia tentavo maldestramente di foggiare tartarughe con le mie formine lei sfogliava Balzac compiaciuta manco la nostra vicina di ombrellone con Evatremila. Eppure mia madre non è mai stata una donna colta. Solo, non ha mai smesso di leggere per tutta la vita. 

Ora che sta in ospedale e non riesce a leggere, io che non ho mai saputo che dirle, e in generale, che non ho mai nemmeno intuito cosa potesse raccontare una figlia a una madre, le leggo delle pagine. Mio fratello, nerd da prima che coniassero questo termine, le ha scaricato sull'Ipad dei libri a caso. La maggior parte in lingua straniera e non originale: per esempio c'è una bellissima edizione de I Miserabili in cirillico. Così l'altro sabato le ho detto scegli: la bibbia o i promessi sposi (gli unici due titoli in italiano).

E così mi ha risposto leggimi quella parte, quella in cui muore Cecilia e la mamma la mette sul carro. Io manco me lo ricordavo quel pezzo. Ho pigiato sulla lente e digitato cecilia, cosa dovevo fare. E poi mi è venuto in mente e le ho detto ma guarda che in questo capitolo sono tutti morti, sei sicura? Non so, non mi sembrava bello in ospedale. Ma lei mi ha detto che era sicura. E allora ho iniziato e ogni volta mi dimentico di quanto sia complicato leggere ad alta voce e sbaglio completamente i tempi e la punteggiatura e l'intonazione è sempre la stessa, come quando in prima elementare ti fanno leggere il tema sulla tua domenica o descrivi un animale.

Ma alla fine ce l'ho fatta. Dopo trentacinque minuti di balbuzie abbiamo seppellito Cecilia insieme ed è lì che ho pensato di scrivere qualcosa sui libri. Perché i libri hanno tanti significati e stanno dappertutto e hanno un potere speciale, perché permettono di parlarsi senza nemmeno guardarsi in faccia. Penso che ci si dovrebbe leggere cose a vicenda più spesso. Anche in coppia, per dire. Tipo, se si litiga, bisognerebbe lasciare perdere le solite cose e troia e vaffanculo e le note isterie e la consueta pace. Bisognerebbe leggere un pezzo di libro a caso, che comunque avrebbe sempre più senso delle nostre parole di copione estemporaneo, sempre così uguali e male improvvisate. 

Io ho iniziato a leggere tardi, perché ho imparato tardi. Allora, proprio come adesso, mi pareva impossibile. La prima parola che sono riuscita a leggere avevo già quasi sette anni ed è stata saldi su una vetrina. Me lo ricordo ancora, perché mi sono sentita felicissima, manco avessi decifrato la Stele di Rosetta. Mi sono sentita così completa, così adulta, che ho pensato di non smettere mai più. E quando ho smesso, per alcuni mesi in alcuni periodi della mia vita, mi sono accorta che la mia esistenza è scivolata come se avesse ancora meno senso del solito.

Non potrei nemmeno immaginarmi una vita senza storie. E mi fa soffrire pensare che ci siano persone che riescono a farne a meno. Non leggere è perdersi praticamente tutto.

Buonanotte.



10 commenti:

  1. Ti capita mai di leggere pensando a quello che scriverai?

    A me sì, piace leggere fingendomi scrittrice e immaginando cosa potrei scrivere io (poi non ho mai scritto nulla, mi sale un gran fuoco dentro e muore subito).

    Scir0ppo

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  2. bellissimo post...

    La sera leggo una poesia a caso da i fiori del male alla mia coinquilina prima di dormire. Mi sono convinta che le poesie debbano essere lette ad alta voce... Meglio se a qualcuno

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  3. @sciroppo no, quello non mi capita. Anche perché non sarei mai in grado di scrivere un romanzo :)

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  4. Un mio professore del liceo raccontava (spesso, perchè in fondo era un ripetitivo) che, quando era malato, leggeva sempre "Lessico famigliare" della Ginzburg. Dopo qualche anno ho capito che forse stava cercando di dirci, tra le righe, che i libri sono terapie: ogni libro cura un mal d'animo diverso. Molto più probabilmente ci stava solo raccontando i cazzi suoi (amava moltissimo farlo), ma mi piace proprio pensare che fosse un sottile insegnamento (ho sempre avuto questa idea fissa del mentore).
    Tutto ciò per introdurre il vero punto pregnante del commento: hai scritto un post davvero bellissimo.
    GNZ

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  5. anche io leggo sui mezzi, è tempo di qualità (anche se non di igiene). e sono diventata gay leggendo un libro.

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  6. ho trovato il tuo blog per caso, cercandone un altro, e mi sono imbattuta in questo post bellissimo. di' a tuo fratello di scaricare anche gli audiolibri per la mamma, magari le fanno piacere.

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